I cronometri manuali o quelli da polso hanno un illustre antenato: il cronometro marino.
Tale cronometro fu il risultato di una lunga ricerca e sperimentazione in campo navale. Nel XVIII secolo, infatti, era ormai diventato imprescindibile dotarsi di uno strumento in grado di calcolare la longitudine. Ma qual è stato il percorso che ha portato alla realizzazione del cronometro marino? E quali sono le sue principali caratteristiche?
Nelle prossime righe troverai tutte le informazioni per soddisfare la tua curiosità.
Mettiti comodo e buona lettura!
Perché il cronometro marino era così necessario?
Era il 1492 quando vennero scoperte le Americhe. A quel punto il commercio navale si espanse rapidamente e dall’Europa sempre più navi si spingevano verso il nuovo mondo.
La longitudine, infatti, si basava sulla divisione del globo terrestre in diversi settori. Il suo calcolo preciso, tuttavia, rimaneva molto complesso da effettuare. Infatti, si arrivava alla longitudine partendo dal tempo: si doveva fare un confronto tra l’ora locale e quella di Greenwich, ovvero il punto dove, per convenzione, passava il primo meridiano di riferimento. La longitudine altro non era che la differenza tra i due orari.
Ma come si poteva calcolare con un certo margine di affidabilità l’ora locale quando ci si trovava nel pieno dell’oceano? Questo problema rimaneva insoluto e sembrava insolubile.
Cosa c’era prima del cronometro marino
Il cronometro marino è stato il punto di arrivo di un lungo processo iniziato con l’invenzione del pendolo. Quest’ultimo era in grado di misurare il trascorrere del tempo con una precisione allora impensabile grazie alla regolarità oscillatoria del meccanismo interno.
Tuttavia, il pendolo aveva un grosso limite: la sua affidabilità dipendeva dall’essere poggiato su una base solida, ferma e stabile. Decisamente un altro contesto rispetto a una nave in balia delle onde.
Ci si orientò dunque su uno strumento meno preciso, ma in grado di mantenere una stabilità superiore in mare: il bilanciere a molla e a spirale.
Il Longitude Act
Per essere utilizzato con successo nelle navi che si preparavano per un lungo viaggio, lo strumento migliore avrebbe dovuto avere le seguenti caratteristiche:
- mantenere la precisione durante tutto il tragitto
- non essere suscettibile ai vari movimenti di rollio della nave
- dalla carica abbastanza lunga da non creare spiacevoli inconvenienti
- resistente non solo all’umidità, ma anche alla salinità
Per questo, nel XVIII secolo venne indetto il Longitude Act, un premio di 20.000 sterline che sarebbero andate a chi fosse riuscito a creare uno strumento dotato delle sopracitate caratteristiche.
I prototipi di John Harrison
John Harrison era un geniale artigiano che partecipò al premio indetto dagli inglesi. Prima di vincerlo, tuttavia, ci furono tre tentativi che, seppure non risolutivi, vale la pena ricordare.
Il primo fu l’H1. Alto oltre 50cm e dal peso di 34kg, aveva una durata di 24 ore ed era provvisto di una carica a molla, utile a diminuire il rischio di imprecisioni dovute alle oscillazioni. Il suo scarto era di circa tre o quattro secondi al mese, ma era troppo pesante per essere trasportato a bordo con facilità.
Passiamo dunque all’H2, dal peso pari a 39kg e dotato di bilancieri a forma di manubrio. Ogni bilanciere aveva un peso in ottone di circa 2kg, utili a rendere lo strumento sempre più insensibile alle vibrazioni e oscillazioni della nave.
L’H3, invece, era più leggero e di piccole dimensioni: pesava infatti 27kg, era lungo 66cm e largo 33cm. In questo prototipo i bilancieri erano circolari e dotati di un’unica molla a spirale.
A questo punto manca solo il modello finale, ovvero l’H4.
Il cronometro marino
Con il modello H4 John Harrison vinse l’ambito premio messo in palio dal Longitude Act. Fu così inventato il cronometro marino.
- peso appena superiore al chilo
- diametro di 12cm
- presenza di lamina bi-metallica a protezione delle variazioni dal punto di vista della temperatura
- meccanismo che permetteva di ricaricare il cronometro senza che la misurazione si interrompesse
Il funzionamento dei cronometri moderni
Quanto raccontato sinora avveniva tra il XVIII e il XVIX secolo, secoli fondamentali per lo sviluppo di un campo come quello dell’orologeria e non solo.
I cronometri moderni, tuttavia, hanno abbandonato il funzionamento meccanico per abbracciare un più comodo e affidabile sistema al quarzo. Quest’ultimo si basa sul funzionamento di questo minerale come se fosse un diapason, il che significa che il quarzo sarà in grado di vibrare a una certa frequenza. A determinare tale frequenza sarà il meccanismo oscillatorio all’interno del quale verrà inserito il quarzo.
Il sistema di funzionamento moderno cambia leggermente a seconda delle diverse tipologie di cronometro.
Quali sono i cronometri moderni
I cronometri attuali si dividono in due grandi categorie: quelli analogici e quelli digitali.
Per quanto riguarda invece i modelli digitali, questi sono a loro volta divisi in due sotto-tipologie. I primi sono i cronometri con schermo LED, generalmente di grandi dimensioni e perfetti per essere appesi alla parete di casa o della palestra. In questo caso la frequenza del quarzo viene ridotta sino ai secondi grazie alla presenza di appositi circuiti divisori; di conseguenza, vengono misurati e mostrati sul display i secondi, i minuti e le ore. I secondi sono invece i cronometri con schermo LCD, solitamente modelli touchscreen e smart, nei quali la frequenza del quarzo viene letta da un microprocessore; grazie a quest’ultimo potrai vedere i risultati tradotti per te sullo schermo.
I cronometri moderni sia analogici sia digitali, esclusi però i modelli con schermo LED, possono essere manuali oppure da polso. La loro migliore qualità? Essere gli strumenti più precisi ora in circolazione.